Il 26 febbraio 2020 è venuto a mancare lo scienziato, di fama mondiale, Aldo Sacchetti, componente del Comitato Scientifico della Fondazione Celommi.

95 anni di vita esemplare: in scienza e coscienza verso la ricerca della verità, nell’impegno per una visione sistemica della natura e nel superamento della frattura tra fisica e metafisica, nella moralità e nell’amicizia, nell’amore verso i suoi cari.

Il 29 febbraio 2020, a Bologna, presso la Chiesa Madonna del Lavoro – San Gaetano, si è tenuto il rito funebre di Aldo Sacchetti, medico igienista, padre dell’Ecologia scientifica italiana, componente del Comitato Scientifico della Fondazione Celommi. Aldo Sacchetti riposa in pace nel cimitero di Guzzano del Comune di Pianoro, magnifico luogo che favorisce la spiritualità, scelto dai figli Marco e Rossella e dalla moglie Maria Luigia.

Durante le esequie il fratello Lamberto ne ha tracciato i seguenti elementi biografici.  

Laureato con lode in medicina nell’Università di Bologna, Aldo scelse di specializzarsi in Igiene nel solco d’un grande parente, cugino e coetaneo di nostra madre, Giovanni Petragnani (vedi Enc. Treccani), stato per più lustri Direttore Generale della Sanità allorché di questa non esisteva il Dicastero. Se medicina è scienza della cura (medicum  da mederi: curare), Aldo ha voluto perseguire la cura più avanzata e coinvolgente: quella della salute pubblica. Primo nel concorso nazionale a suo tempo bandito per medici provinciali, egli fu vice medico provinciale in Bologna, poi medico provinciale di Lucca,  poi  di  Siena,  finché,  istituite  le Regioni,

L’Emilia Romagna non gli offrì la nomina a responsabile e coordinatore del proprio Servizio di Igiene Pubblica.  E qui, a contatto con l’Assessore, e perciò con la logica del potere politico, sperimentò che la propria vasta responsabilità tecnica solo parzialmente diveniva effettuale oltre la sfera burocratica da lui coordinata; e non per inefficienza di questa, né per conflittualità politica o sociale, ma perché partiti, sindacati, orientamenti di governo, la società stessa in genere, privilegiano lo sviluppo dell’industria e della crescita economica rispetto alla tutela della salute. E continueranno a farlo se non prenderanno coscienza che uno sviluppo senza vincoli e controlli attenta alla vita, precondizione di tutti i diritti. Per cui la questione di fondo è culturale, anzitutto d’ informazione specifica. Il che indusse Aldo a scrivere Sviluppo o salute. La vera alternativa. Libro insignito nel 1981 del Premio Speciale Firenze Ecologia, con il suo titolo sconcertante, il contenuto documentatissimo e vivace, la sua base in una speciale esperienza.

Già si denunciava il macroscopico inquinamento del pianeta causato dallo sviluppo industriale e dalla subcultura consumista. Ma Aldo metteva soprattutto a fuoco la gravità della sfuggente aggressione microscopica, a livello di cellule, insita nel diffondere sempre nuove sostanze e scorie sottili estranee agli atavici adattamenti di organismi e sistemi biologici. Sfida senza precedenti alle radici della vita. Cui reagire ponendo la presa di coscienza igienistico-ecologica al centro del discorso ecologistico. Al quale egli ha dedicato approfondimento e rigore, anche lessicale nel rifiutare parole come “ambiente” e “ambientalismo”, fredde, atone, fuorvianti poiché comprendono la materia inerte, laddove è in causa la biosfera, il valore di questo pianeta.

Calorosi furono gli inviti dei Verdi a candidarsi. Se non che egli, schivo quanto eticamente determinato, ha sempre sentito sua missione non la pratica politica, ma lavorare studiare scrivere per la difesa della biosfera come normatività da trasmettere. Afflato deontologico respirato in famiglia (avendo il padre magistrato amico di Benedetto Croce, il fratello, pure magistrato, confidente e dialogante) conformandosi anche nella propria gelosa indipendenza e dignità. Di cui ho trovata eloquente traccia nella fotocopia di un manoscritto, ove Aldo declina la proposta della Editrice Feltrinelli di presentare il suo libro L’uomo antibiologico al Premio Glaxo ’85 per la divulgazione scientifica, ringraziando sentitamente e chiarendo di non ritenere opportuno, né coerente con lo spirito del libro, partecipare a un concorso indetto da una casa farmaceutica.

Piuttosto della politica, egli, convinto che la biologia sia dominata da un principio organizzatore non descrivibile né s­piegabile dalla fisica ma dalla natura creaturale della vita, ha abbracciato la fede e cercato sponda nella Chiesa, autorità spirituale capace di far valere insieme sentimento e comandamento, finalità perseguita pure da lui, allora confortato dal contatto, divenuto profonda amicizia, con il prematuramente scomparso scolopio padre Ernesto Balducci. Figura vulcanica quanto eterodossa di animatore nel risveglio evangelico e culturale del cristianesimo conciliare, come attesta il suo libro Il Terzo Millennio. Saggio sulla situazione apocalittica (anch’esso del 1981) che, rappresentando il mortifero “collasso ideologico della civiltà produttiva” (p.88), fu sinergico con il primo di Aldo. Al quale non fece mancare il il proprio intervento alla presentazione del secondo, L’uomo antibiologico, il 22 maggio 1985 nel Palazzo della Provincia di Bologna.

Balducci aveva scritto dell’atomo, atto a distruggere il mondo vuoi con le bombe, vuoi impennando la produzione industriale e il consumismo tanto da causare la necrosi della biosfera. E ne aveva tratto l’obbligo perentorio di porre hic et nunc “la sopravvivenza del genere umano al centro della coscienza di ognuno”. Imperativo umano prima che religioso. Per Aldo dettato dalla vita stessa, che diviene coscienza delle proprie “forme a priori” dovute alla coerenza dell’intero ecosistema, ove tutto si coniuga in una coesività che suggerisce amore ma spetta alla biologia rivelare. La vita si solleva dal caos creando una complessità di legami, dal livello minimo, quantistico elettromagnetico, al macroscopico. In cui, partendo dalla cellula, unità germinale ove è codificato un raccordo prodotto in milioni e milioni di anni da microrganismi, essa basa l’ordine di parametri e processi fisiologici che, convertendo di continuo l’improbabile in morfogenesi e omeostasi, può giungere fino a renderla carne sentimento e pensiero. Ordine su cui ora cade quello tecnogenico, straniero rigido e naturalmente precario, problema della civiltà. Visione laica e scientifica, che al cattolicesimo non più precluso all’evoluzionismo si rivolge per l’anzidetto bisogno di sentimento e comandamento, senza cui, ormai, la vita non può difendersi.

In un articolo intitolato “La sublime bellezza della maternità” Aldo getta luce scientifico-poetica sull’esemplare processo d’incarnazione del figlio nella madre. “Milioni di spermatozoi corrono verso l’ovocita maturo ma uno solo può penetrarlo perché in quell’istante si modifica la polarizzazione elettrica della membrana ovulare, che diviene impermeabile agli altri”…“Da quel momento si avvia uno scambio di messaggi indispensabili alla maturazione fisico-psichica di entrambi i soggetti”… “Negli ultimi due mesi il bambino ascolta la voce dei genitori, condivide gli stati emotivi materni, dorme con la madre, sembra quasi sognare con lei…L’intero fisico della madre risponde in maniera coordinata e finalizzata alle esigenze della vita nascente”… “Una visione nuova, scientifica e sacrale della maternità è l’argine da opporre al dilagante utilitarismo antivitale, a riequilibrare la società dei diritti con un più alto sentimento dei doveri”.

Istanza da me condivisa in una con l’ecologica, componendo la dissonanza tra questa, di carattere culturalmente rivoluzionario, e il tono reazionario di quel richiamo ai doveri (che era stato colto da Bobbio nel breve saggio Destra e Sinistra – Donzelli, Roma, 1994, p.16 – dicendo che “nel linguaggio biologico” …“ il termine forte è destra”): l’ecologismo, in realtà, non è conservatore ma “conservativo”, avendo oggettualità non politica ma naturalistica. Ancorché cultura e politica non possano più ignorare le problematiche che esso fa emergere a tutto campo dall’impatto, diretto e indiretto, dello sviluppo industriale sulla vivibilità della terra.

Per cui proposi ad Aldo di scrivere assieme un libro intorno a questo generale impatto.
Partivo dall’idea che la storia sia leggibile in chiave d’una ricerca e conquista, divenuta ossessiva, di energia (la Francia ha 58 centrali nucleari) che dinamizza la società, ma a prezzo d’una perdita di tradizioni, identificazioni, stili di vita, vincoli etici, linee distintive e forza ordinamentale, in un movimento e sommovimento di cui è potente concausa una marea tecnologicamente montante di messaggi confusivi. Onde, poiché la vita è fenomeno termodinamico, la nozione termodinamica di “aumento dell’entropia”, fatta propria anche dalla teoria della comunicazione a denotare aumento d’incertezza e disordine, mi è apparsa bene estensibile al crescente disordine d’ una cultura debolista che il principio del piacere anestetizza di fronte a un destino di soccombenza. L’immaginario della “società liquida” riflette questo destrutturante livellamento verso la massima entropia.

Aldo convenne, partecipò. E pubblicammo La democrazia degli erranti.

Egli ha, in definitiva, portato la sua carica anche profetica di pensiero in un confluire d’illuminismo e cristianesimo pregno di vitalità. E, con la sua metapolitica, ha rilanciato
l’autonoma legittimazione della cultura ecologista sovraordinando la difesa della natura viva alla politica, a un livello ove coniugare quale stella polare d’ogni prassi salvifica Scienza e Coscienza, il suo ultimo libro. Dalle cui pagine penultima e 225 traggo quanto segue:

“L’ecobiologia, che da parecchi anni intendo come “scienza ed etica delle coerenze vitali”, è destinata a svolgere un ruolo aggregante centrale nella riorganizzazione della cultura. La sua funzione connettiva della realtà (di cui valorizza le differenze qualitative, i rapporti, le forme), compositiva delle divergenze tra il mondo dello spirito e l’ordine biologico profondo, stabilizzatrice degli orientamenti etici, corrisponde a quella unificante della religione”.

“I nuovi statuti epistemologici di fisica e biologia convergono nel disegnare una visione del mondo né deterministica, né indeterministica: aperta alla libertà creativa ma solo nel rispetto di vincoli inderogabili”.